Ponza: diario di un viaggio
Una settimana su quest’isola affascinante, dentro e fuori dall’acqua. Dove all’allegra confusione del porto borbonico, all’imponente fortezza fanno da contraltare immersioni bellissime e per tutti i gusti e le capacità. I fondali della vicina Palmarola di Maila Costa
Le foto di Ponza scorrono sul mio Pc. E’ bellissima. Bellissima nella sua perfezione e nella mescolanza di stili. Ha tutto ciò che di bello un’isola da sogno dovrebbe avere. Il porto borbonico che ti accoglie con il rosso degli antichi magazzini sul molo, i colori pastello delle abitazioni che creano una perfetta quinta teatrale e il giallo chiaro del palazzo comunale a fare da sfondo al palcoscenico blu del mare sul quale dondolano indolenti imbarcazioni grandi – alcune grandissime, per la verità – e piccole.
Infinite sfumature di blu che al tramonto si tingono, come il verde delle colline retrostanti, prima di rosa e poi, con l’avanzare della sera, di un caldo arancione. C’è la fortezza borbonica con la sua tozza mole che da secoli fa la guardia all’isola. Il carcere, costruito sempre dai Borboni dove, con l’avvento del Fascismo nel 1928, vennero reclusi gli oppositori del regime come Pertini, Amendola, Nenni, Spinelli e Terracini. E poi ancora le alte scogliere che si buttano a picco in mare, i fari e i faraglioni di Lucia Rosa – che prendono il nome da una ragazza ponzese che lì si suicidò a fine ‘800 per non aver avuto il permesso dalla famiglia di sposare un povero contadino di cui era innamorata – e quelli della Madonna e spiagge e rocce bianchissime.
Irte scalette scavate nel sasso consentono la discesa a mare o la salita alle colline, irte scalette attraversano i paesi collegando strade che paiono piuttosto i camminamenti di una fortezza.
A ogni angolo una sorpresa. Scorci di mare e panorami da mozzare il fiato che tanto richiamano quelli delle isole greche ricordandoci che, alla fine, il mare nel quale ci troviamo è il medesimo. Cappellette dedicate al culto dei Santi e del Sacro Cuore di Gesù, testimonianze di esistenze assai più precarie di oggi che di fronte alle forze imprevedibili della natura cercavano conforto nel divino. Lapidi che ricordano grandi uomini come Antonio Feola, soprannominato Totonno Primo, che nel 1944 salvò Ponza dalla carestia raggiungendo coraggiosamente per primo l’isola e sbarcando i viveri necessari a sfamare gli isolani che da settimane e settimane non ricevevano rifornimenti a causa del maltempo e come Francesco Savelli, ingegnere chimico – minerario che, nel 1935, scoprì a Ponza la prima miniera nel mondo di betonite bianca. C’è persino una statua romana senza testa, perché, come mi racconta un’anziana signora, con l’aria di saperla lunga, “da qui sono passati i Farnese …”.
Anche il sottosuolo riserva sorprese. Sotto i resti di un’antica villa di età repubblicana ma utilizzata anche in età imperiale, posti proprio all’ingresso del porto sulla collina della Madonna, misteriose caverne, le Grotte di Pilato, ci raccontano di matrone romane che volevano preservare il candore della loro carnagione dai raggi del sole senza rinunciare ai bagni nel caldo mare dell’isola e di peschiere e murenaie, per intrappolare i pesci dei quali i romani erano ghiotti.
Cantine di colorate casette nascondono antichissime cisterne per la raccolta dell’acqua piovana che ricordano di quando Ponza era una base navale romana, dove le navi dell’impero si approvvigionavano di viveri e soprattutto di acqua che trasportavano nelle anfore riempite dalle fontane sul porto. Gallerie scavate nella roccia sempre in epoca romana collegano ancora le frazioni di Sant’Antonio, Giancos e Santa Maria tra loro e al porto.
E poi, volgendo lo sguardo verso l’alto, si incontrano colline, tra le quali svetta il Monte Guardia con i suoi 283 metri sul livello del mare e vigne e piccoli e ricchi orti, protetti dal vento e dalla salsedine da muri e alti canneti che lasciano intravvedere il blu del mare e il bianco delle scogliere, un mare che nasconde relitti come quello della nave oneraria romana naufragato alla Secca dei mattoni e l’LST 349 a Punta Papa.
Ponza è questo, mare e monti, come la sua cucina nella quale si mescolano pesce e coniglio, verdure, legumi e conchiglie. Il tutto spesso preparato con prodotti a chilometro zero.
Ottimi anche i vini, rossi bianchi e rosè che portano con sé il colore e i profumi del mare.
E la sera? La sera, la sera inizia la festa. Dalle bellissime barche ormeggiate nel porto e nelle calette piccoli tender portano il loro elegante carico verso bar, come il Tripoli, e ristoranti che con i loro ricchi menù e le loro carte dei vini sono in grado di soddisfare anche i clienti più esigenti.
E poi irrinunciabile il tramonto sul porto dal Monte Guardia o sulla spiaggia di Chiaia di Luna dalla sovrastante terrazza, dove in un gigantesco ananas è stato allestito un bar con salottini vista … tramonto.
Ma Ponza non è solo questo.
E’ la signora Armandina, turista veterana dell’isola, che, senza neppure conoscermi, mi ha indicato i luoghi segreti scoperti nelle sue passeggiate. E’ la proprietaria del negozio di frutta e verdura che porgendomi un sacchetto di cicerchie con un dolcissimo sorriso mi ha chiesto da dove venissi e mi ha augurato buon inverno. E’ Emiliano, che dopo avermi aperto il suo ristorante, la Trattoria Monte Guardia, mi ha aperto la sua casa, meglio, la sua cantina, accompagnandomi nella galleria scavata da suo nonno che, per “stare comodo” ed evitare di percorrere venti minuti a piedi ogni giorno per raggiungere il suo orto, scavò per vent’anni la montagna per costruire un passaggio sotterraneo che l’attraversasse per condurlo direttamente da casa all’orto.
E’ Davide, del Ristorante “Così com’era”, pescatore e contadino, che mi ha raccontato tutto dell’orto sinergico che cura con passione e della coltivazione delle sue cicerchie che crescono nella paglia per preservare il terreno e fertilizzarlo naturalmente.
Ponza è così. Piena di sorprese nascoste.
Non fermatevi alla prima impressione, non fermatevi al porto e neppure alle spiagge, salite i gradini, visitate i paesi e le colline, esplorate i fondali, entrate nelle grotte marine e godetevi i colori, parlate con le persone magari davanti a un bicchiere di vino. Mitta a bev! Come si dice sull’Isola.
E come raccomandò un nonno a suo nipote regalandogli uno splendido orto con vista su Punta Madonna, scavate, scavate e troverete un tesoro.
Maila Costa
Tracce di storia
Le Grotte di Pilato sono tra le principali attrazioni dell’isola e sono visitabili in barca partendo dal porto.
La Cisterna Romana della Dragonara e del Corridoio. Da non perdere la visita guidata, della durata di un’ora circa per entrambe le cisterne, che consente di conoscere le tecniche di costruzione, gli accorgimenti per impermeabilizzarle e per la pulizia e il sistema idrico più complesso di cui facevano parte. I biglietti si acquistano presso la Pro Loco – Via Molo Musco 0771/80031 – info@prolocodiponza.it)
L’acquedotto a Le Forna (a Cala dell’Acqua c’era la Fontana Tagliamonte e iniziava il percorso dell’Acquedotto che arrivava fino alla Frazione di Santa Maria).
Come muoversi
Con il servizio di trasporto pubblico effettuato dalla Schiaffini Travel SpA con piccoli autobus che ogni quarto d’ora circa portano a Le Forna e arrivano fino a Punta Incenso. Gli autisti sono molto disponibili e nei limiti del possibile vi indicheranno le fermate corrette per spiagge e ristoranti. I biglietti si acquistano al porto o negli appositi punti vendita e anche sui mezzi stessi.
Un’isola da film
Sull’isola è stata girata nel 2014 la serie Tv andata in onda su Rai 1 “Un’altra vita”, con Vanessa Incontrada, Daniele Liotti, Cesare Bocci e Loretta Goggi. E’ la storia di una dottoressa, Emma, il cui marito Pietro (anch’esso medico) viene arrestato per corruzione e decide quindi di lasciare Milano con le tre figlie per trasferirsi a Ponza, dove trova lavoro nel poliambulatorio locale e dove, poi, incontrerà Antonio. La casa di Emma si trova sopra Cala dell’Acqua. La vigna dove sono state girate diverse scene della serie sulla strada che dal porto conduce al Cimitero di Punta della Madonna e la Villa di Antonio (Daniele Liotti), che, in realtà, si chiama Villa delle Tortore, si trova invece nella frazione Core di Le Forna.
BOX Un diving dove ci si sente a casa
Si scende dalla nave, ci segue il molo del porto a sinistra per neanche 200 metri e ci si trova alla sede del Ponza Diving. Nato nel 1991è oggi uno dei centri più affermati d’Italia e offre la possibilità di immergersi da aprile a metà novembre. 30 anni di duro lavoro da parte di Andrea Donati e Daniela Spaziani che, passo dopo passo, sono riusciti a creare una vera e propria eccellenza nel settore. L’ultimo step è coinciso con la costruzione della nuova barca, il Nettuno 2. 18 metri di efficienza. A bordo c’è tutto ed è tutto a portata di mano: dallo spazio per i rebreather al circuito aperto. E nulla viene lasciato al caso. La discesa in acqua, ad esempio, anche se in corrente, viene studiata con un sistema infallibile che permette di scendere e agganciarsi le stage senza doversi vestire in superficie. Cosa che risolve molte problematiche anche al ritorno, permettendo di staccare le stage o le decompressive anche a 15 metri e risalire in barca leggeri.
Sì perché il Ponza Diving è un centro specializzato in corsi rebreather JJ ed è centro assistenza autorizzata. Per ogni problema, Donati garantisce la soluzione del tuo JJ. Basta contattarlo e se anche non ci si trova sull’isola, organizza l’assistenza e la risoluzione del problema. E proprio l’aspetto legato all’assistenza è, secondo Donati, fondamentale «perché il subacqueo tecnico ha bisogno di sapere che sarà assistito in caso di necessità», ci racconta.
Il centro dispone poi di un gommone di 8 metri per raggiungere velocemente i punti di immersione.
Ma non è tutto. La grande capacità di Andrea e Daniela è quella di far sentire tutti a casa, una sorta di grande famiglia allargata che ruota attorno alla vita di bordo. Alla mattina si viene accolti da una ricca colazione in barca, poi si levano gli ormeggi e si parte per il primo punto; immersione, spuntino, seconda immersione, pranzo e relax. A volte c’è tempo anche per un terzo tuffo. E si rientra verso le 17. Giusto in tempo per una doccia e per fare quattro passi tra i negozietti di questa bellissima isola.
Anche quest’anno vengono organizzate le Settimane Blu, l’ideale per godervi le Isole Ponziane e trascorrere giornate indimenticabili a bordo del Nettuno II, raggiungendo i punti di immersione più interessanti e distanti.
I costi? Soggiorno di 5 notti più 10 immersioni, 380 euro (125 euro per i non sub).
Ponza Diving Center, Via Banchina, tel. 337808485, 3332812558 www.ponzadiving.com info@ponzadiving.com
Immersioni: una scelta infinita
In compagnia di Andrea Donati e del suo Ponza Diving siamo andati “a zonzo” per l’isola. Una settimana di immersioni toccando i punti di belli e accessibili ai più, tralasciando quindi i tuffi tecnici, per i quali, peraltro, il centro è all’avanguardia, sia per quanto riguarda il circuito aperto sia, soprattutto, i rebreather.
Tra tutte quelle effettuate ne abbiamo scelte 3, che per un motivo o per l’altro ci hanno maggiormente colpito per la ricchezza di vita e per i paesaggi.
1) Le Formiche
Massi, pareti, grotte, prateria. Le Formiche, un gruppo di scogli appena emergenti a levante dei Faraglioni di Calzone Muto, si allargano sotto la superficie formando un’area rocciosa piuttosto vasta che va dai 25 metri sul lato affacciato a Ponza ai 60 metri sul versante esposto al mare aperto.
Visitate e decantate ogni anno da migliaia di subacquei (si trovano a una mancata di minuti di navigazione dal porto), Le Formiche offrono quanto di più bello si possa desiderare in immersione, a diverse quote ed esposizioni, sia dal punto di vista morfologico che biologico, nella consueta trasparenza del mare ponzese. Grazie alla grandiosità e alla complessità della massicciata, è possibile effettuare diversi percorsi, ma i “classici” itinerari proposti dalle guide sono sostanzialmente due. Per entrambi, il punto di ormeggio è lo stesso. L’ancora viene calata su un pianoro roccioso a 3 metri di profondità, sul lato esterno a sud-est. La passeggiata della Formica “bassa” si snoda verso est ed è contenuta entro i 20 metri di profondità. Costeggiando una caduta di roccia non strapiombante a destra, si raggiunge un canalone caratterizzato da un arco naturale tappezzato da estese colonie di madrepore arancioni ( Astroides calycularis).
L’arco merita di essere fotografato con un grandangolo spinto, ma è bene tornarci successivamente con un’ottica più stretta per ritrarre l’incredibile campionario di forme invertebrate che si contendono nella penombra ogni centimetro di roccia disponibile.
Dopo l’arco, tenendo sempre la parete a destra, si raggiunge un sifone che ha la volta aperta da feritoie attraverso cui penetra la luce. Il tunnel non è passante e finisce in una camera traforata, costellata di organismi incrostanti. Tra spugne, celenterati, ascidie e briozoi ecco diversi molluschi, come la porcellana (Luria lurida) e il troco (Calliostoma conulum), oltre a svariate specie di nudibranchi (in particolare doridacei). Immancabile il granchio facchino (Dromia personata), mentre tra i pesci spiccano numerosi grossi scorfani. L’immersione finisce sotto la barca, a 3 metri, ammirando la vita frenetica che anima il basso fondale.
Il secondo percorso è riservato ai sub più esperti. Dallo stesso punto di partenza, si pinneggia in direzione nord/est, guadagnando profondità. Sorvolando un canale di posidonia si raggiunge, sulla destra, una caduta rocciosa sui 33 metri, colonizzata da gorgonie gialle (Eunicella cavolinii). Costeggiando la parete si scende ancora di quota e a 38 metri iniziano a vedersi dei bellissimi esemplari di gorgonia rossa (Paramuricea clavata). Tra i ventagli si muovono sciami di anthias e, a volte, qualche donzelle.
A 47 metri si apre una grotta popolata da gamberetti. La roccia è profondamente fratturata e scende fino a 50 metri e oltre. Qui si incontrano mostelle e murene di grosse dimensioni. Il ritorno è a ritroso e risalendo vale la pena “agganciare” il tragitto dell’immersione “bassa”, facendo deco sotto la barca.
Box La scoperta del falso corallo nero
Nel 2012 (durante una delle tante immersioni esplorative effettuate dai responsabili del Ponza Diving), a 40 metri di profondità, lungo uno sperone roccioso che prolunga verso il largo Le Formiche in direzione sud-est e a circa 500 metri di distanza, sono stati avvistati due esemplari di falso corallo nero (Gerardia savaglia). Si tratta di una scoperta significativa perché Gerardia savaglia, radicata in una bella cornice di gorgonie rosse, non era mai stata avvistata in queste acque.
2) Le Cattedrali, a Palmarola
Ci spostiamo nella vicina Palmarola. Doppiata Punta Tramontana, si apre la cala omonima contornata dalla parete denominata “ Le Cattedrali”, costituita da una struttura colonnare di basalto. È una cascata di rocce scure, a picco sul mare. Poca la vegetazione aggrappata sul substrato, tranne alcune colonie di palme nane (che danno il nome all’isola) radicano sulle alture, quasi una sfida alle tempeste di tramontana. E’ un posto di rara bellezza, che in estate viene preso d’assalto da barche e gommoni.
La cala è idealmente divisa in due settori da un basso costone di roccia, che sono definiti di levante e di ponente. Il colpo d’occhio è superbo, ma è una bellezza un po’ spettrale. Il mare, quando è calmo, assume una lucentezza quasi metallica e ha un aspetto vagamente lacustre; la murata è solcata da profondi intagli.
Alla base della Cattedrale si aprono sette grotte che sembrano porte, visibili anche da una certa distanza: sono le aperture delle cosiddette “sette sorelle”. A ognuna è stato affibbiato un nome e quelle di Cala Tramontana, idealmente divise in due gruppi, si chiamano (da est verso ovest): Regina, Lucilla, Morgana, Tramontana, disposte l’una vicina all’altra, mentre il raggruppamento ovest comprende Grimilde, Odessa, Rebecca, anch’esse situate a breve distanza tra loro.
Non si riesce a esplorare ciascuno dei due gruppi di grotte in una sola immersione, si rischiebbe di essere frettolosi, anche perché una parte del tuffo va dedicata alla parete esterna e al luminoso fondale della baia, profondo al massimo circa 25 metri, costellato di massi e isole di posidonia.
L’itinerario classico inizia di fronte a Grotta Lucilla, ormeggiando sulla punta est. Con la parete a destra si va a esplorare Regina e, rientrando, Lucilla. Se c’è ancora un po’ di scorta d’aria, si punta verso Morgana. A parte le grotte, vale comunque sempre la pena gironzolare sotto la chiglia della imbarcazione tra sabbione e la prateria. Una vera chicca, sui 25 metri, è data dalla presenza dell’anemone di sabbia (Condylactis aurantiaca) abitato dai gamberetti simbionti Periclimenes.
Per quanto riguarda le altre grotte, va detto che sono tutte piuttosto lunghe rispetto alla media dell’isola, tant’è che la più corta misura circa 30 metri in orizzontale, hanno quasi tutte una volta molto alta, almeno sul fronte esterno, il fondale misura spesso una profondità superiore a 8 metri, mentre la larghezza varia da appena 50 centimetri a un massimo di tre metri e mezzo.
Regina (lo dice il nome) è la grotta più lunga dell’isola, 75 metri in orizzontale; ospita un variegato campionario di organismi tipici di questo ambiente, tra cui spiccano parecchi crostacei, anche nella parti poste verso il fondo, al buio completo. Il fondale è a 8 metri per tutta la lunghezza e solo all’estremità si riduce a 3.
Lucilla è lunga 30 metri su un fondale di 12 metri e come in tutte le grotte di questa cala, culmina in una parete a picco che sbarra la strada. Morgana è per lunghezza la seconda dell’isola: 60 metri, ma dopo una quindicina di metri diventa angusta e anche la volta si abbassa. Il fondo è di circa 12 metri e nella parte finale arriva a 4 metri. Tramontana è ampia: 40 metri e con una profondità costante di 12 metri. Grimilde è lunga 35 metri e profonda 8, e si stringe negli ultimi 15 metri. Odessa è lunga 45 metri, larga mediamente 2, con il fondo di 7 metri che degrada dolcemente. Mentre Rebecca è l’unica a essere totalmente non navigabile perché l’ingresso è troppo stretto. È lunga 40 metri e profonda 5.
3) Lo Scoglio de La Botte, tra Ponza e Ventotene
Un posto unico. Un monolite flagellato dalla furia delle mareggiate: poche decine di metri di diametro e nessun ridosso sicuro. È lo Scoglio della Botte, la punta emersa di un contrafforte maestoso situato poco a sud dell’asse Ponza – Ventotene (22 miglia) e distante da Ponza circa 6 miglia. Le rocce si presentano per metà basiche e per metà acide, rappresentando dal punto di vista geologico un trait d’union tra le due isole. Attorno, il fondale cade subito verso gli abissi del Tirreno.
Dalla parte del mare aperto, le profondità più rilevanti si registrano in direzione sud: a 6, 7 miglia di distanza ci sono già 2000 metri, una colonna d’acqua che ancora più al largo, a circa 20 miglia, è alta 3 chilometri e oltre. Sono numeri che colpiscono se si pensa che tra Ponza e il Circeo intercorre su per giù la stessa distanza, ma il fondale a stento raggiunge i 200 metri di profondità.
Lo Scoglio non assomiglia a una botte ma si arrampica oltre la superficie del mare separandosi in due sommità, situate a diverse altezze. Tempo permettendo, conviene ormeggiare sul lato meridionale che scende meno ripidamente, con la prua dell’imbarcazione indirizzata verso il mare e la poppa collegata tramite una robusta cima agli spunzoni della roccia emersa. Una volta in acqua, bastano due colpi di pinne per ritrovarsi in 10, 15 metri di profondità. La visibilità è solitamente eccezionale.
Il fondale guadagna subito metri su metri ed è formato da accatastamenti di macigni giganteschi e balze di roccia. Nei primi 20 metri si osservano facilmente le aplisie, dette anche lepri marine, che riescono a nuotare per brevi tratti utilizzando delle particolari espansioni corporee, i parapodi, come fossero le ali di un uccello. Tra le rocce, in primavera e in estate compaiono le granseole e sono stati osservati più volte dei cavallucci marini. Ovunque è un tripudio di castagnole, saraghi, labridi, ma alla Botte, piantata nel blu profondo d’alto mare, può capitare di vedere di tutto, anche un branco di delfini. Noi, nel lato in corrente, siamo stati letteralmente circondati da un via vai di barracuda e ricciole in caccia. I primi che saettavano a contatto del terreno; le seconde che schizzavano a mezz’acqua.
Nel momento in cui si scende a quote più profonde è bene non “accontentarsi” di effettuare un semplice periplo dello scoglio, senza sapere com’è costituito il fondale. Certamente la classica morfologia del sito a cono roccioso rovesciato invoglia a girargli “semplicemente” attorno, tenendo la parete sempre sullo stesso lato, ma è bene sapere che la diversa configurazione dei versanti dà luogo a specifici itinerari.
Ad esempio, un’immersione impegnativa ma bellissima è quella diretta a nord, peccato che il tratto finale sia troppo profondo per una discesa in aria: si scende fino a 55 metri sulla sabbia e pinneggiando per alcuni minuti con le spalle alla Botte, rimanendo sollevati per ottimizzare il profilo d’immersione e osservare l’ambiente, si raggiunge uno scoglio situato a 74 metri totalmente ricoperto di corallo nero (Antiphatella subpinnata). Si torna indietro sorvolando altri scogli colonizzati da piccoli ventagli di Paramuricea clavata fino tornare a ridosso della parete. A questo punto si inizia a circumnavigare il sito risalendo progressivamente di quota.
Un secondo percorso si snoda sul lato ovest e porta fino a circa 40 metri. A 37 si apre una grotta “invasa” di parapandali (Plesionika narval). Tenendo la parete a sinistra, si risale di 6 o 7 metri sino a raggiungere una serie di arcate, passaggi e grotte ricoperti di madrepore arancioni che arrivano sino a 19 metri. Questo versante è meno ripido ma è facile incrociare dentici, ricciole e altro pesce di passo.
COLLEGAMENTI COMODI E VELOCI
Da qualche tempo a questa parte Ponza e i suoi impareggiabili fondali sono comodi da raggiungere grazie a NLG-Navigazione Libera del Golfo, che da oltre 80 anni effettua collegamenti nel golfo di Napoli e, da qualche tempo, pure con Ponza e le Tremiti.
La società, gestita dalla famiglia Aponte, vanta una flotta di ben 10 monocarena veloci e di 2 catamarani DSC, oltre a 3 motonavi “storiche”.
In particolare, è davvero comoda la tratta Terracina/Ponza, che viene coperta in appena 55 minuti e prevede tariffe agevolate per i gruppi di sub.
Esiste infine la possibilità di acquistare il biglietto on-line sul sito della compagnia:
wwwnavlib.com.