
I 30 anni della Haven
11 aprile 1991, Haven, anno zero, io c’ero! Durante le drammatiche giornate del grande incendio susseguito all’esplosione, da Bogliasco, dove abito, vedevo l’alta colonna di fumo che scaturiva dalla superpetroliera che vagava nel Golfo ligure di ponente. Mi si strinse il cuore pensando ai poveri marinai e al comandante che erano morti a causa dell’esplosione e perché capivo che si stava generando un enorme disastro ambientale. Fortunatamente, le autorità preposte reagirono bene sotto alla direzione dell’ammiraglio Antonio Alati e i danni all’ambiente, sia pure gravissimi, furono contenuti nel modo migliore possibile.
Non ho mai amato troppo immergermi sui relitti perché mi ricordano tragedie e in genere sugli stessi “aleggiano” le anime dei morti. Ma quando ne vale veramente la pena lo faccio, ma mai a grande profondità e solo su relitti di vero interesse storico o fotografico. Non certo sugli ammassi di ferraglia…
Per la Haven ho fatto subito una eccezione. Bisognava documentare la situazione e non c’erano foto disponibili, ma me le chiedevano alcuni quotidiani e le riviste specializzate. Ruppi gli indugi e nel mese di luglio del 1991, a tre mesi dall’affondamento, grazie alla disponibilità del vecchio amico Giulio Melegari, che era il responsabile delle attività subacquee della Saipem, ditta che eseguiva i lavori, ebbi la possibilità di immergermi sulla Haven.
Confesso che la notte prima non dormii sonni tranquilli, forse mi aspettava una immersione troppo ardita per la mia esperienza. Alla mattina mi portarono su una grande nave appoggio che era la base dei lavori subacquei. Mi trovai fra due sommozzatori professionisti super-equipaggiati e durante i preparativi mi sembrava di essere un alieno con la mia attrezzatura amatoriale, e mi era parso che non la vedessero di buon occhio. Scesi con loro, senza problemi e li seguii e li fotografai durante le fasi di taglio, con il cannello ossiacetilenico, di alcuni elementi della sovrastruttura della nave che erano troppo vicini alla superfiche e avrebbero costituito un pericolo per la navigazione. Finito il rullino delle fatidiche 36 + 1 foto risalii contento per la perfetta riuscita del tuffo.
Ma ancor prima di scendere sul relitto, mi avevano consentito di immergermi per fotografare i lavori di bonifica del fondale antistante Cogoleto, a pochi chilometri da Arenzano, dove la marea nera aveva colpito pesantemente. Mi immersi due volte anche con i sommozzatori… spazzini, e non vi dico la tristezza. Lavoravano sul fondale di pochi metri, meno di 10, fra chiazze di sabbia e folte praterie di posidonie. Il petrolio grezzo si era ormai semi-solidificato e formava dei tappeti che in certi punti ricoprivano la sabbia e persino ampi tratti di posidonia. Lo spettacolo era desolante e provai l’emozione più forte quando uno dei sommozzatori mi mostrò le mani guantate completamente nere per il catrame. Li fotografai mentre mettevano delle zolle di catrame dentro ai grandi bidoni: mi sembrava di vivere in un episodio di fantascienza/horror.
Alcuni quotidiani pubblicarono le mie foto e SUB di febbraio 1992 pubblicò un mio articolo, di ben 12 pagine, che a oggi risulta essere uno dei più completi mai pubblicati sull’argomento. Negli anni hanno pubblicato i miei articoli sulla Haven molte riviste nel mondo, come la russa Octopus, su 14 pagine, Submarine in Ungheria, Octopus in Francia e poi in Israele, in Portogallo, in Grecia. Dal luglio 1991 mi sono immerso sulla Haven una ventina di volte, quasi sempre in compagnia del mio grande amico e fotografo subacqueo Massimo Corradi e con l’ausilio, fino al 2014, del Tek Dive di Arenzano, del mitico Gino Sardi e negli ultimi anni con Mondo Fondo di Genova. Anni fa ho guidato sulla Haven una squadra di Telemontecarlo per il programma H2O e di recente abbiamo girato due puntate del programma “Nel Blu”, di Telegenova, con Sergio Barello (sono visibili su youtube, canale Gianni Risso) Ci siamo immersi sempre e solo in presenza di condizioni ottimali: acqua limpida, assenza di corrente e non abbiamo mai avuto il minimo inconveniente.
Negli anni ho seguito e documentato i periodi delle colonizzazioni di creature marine che si sono avvicendate sulle strutture della nave, che da anni è diventata un piccolo paradiso sommerso. Ora la Haven è una vera oasi su un fondale desolato di fango e sabbia. Un relitto che ogni volta offre nuove e spesso irripetibili emozioni, e detto da uno che non impazzisce per i relitti è davvero il massimo.
Gianni Risso