Quando i mari si incontrano…
…Esplode la vita. Accade sul “Tacco d’Italia” dove Ionio e Adriatico si mescolano tra loro, generando forti correnti e creando ambienti unici e ricchissimi. Le immersioni da non perdere a Santa Maria di Leuca, compresa quella su un relitto in perfetto assetto di navigazione affondato proprio davanti al porto di Paolo Fossati
Guardo fuori dal finestrino mentre l’aereo si abbassa sull’aeroporto: le case bianche e basse e il fitto reticolo di strette vie mi ricordano la città di Hurgada, ma in realtà non siamo in Mar Rosso, stiamo atterrando a Brindisi. Mi aspettano ancora un’ora e mezza d’auto prima di raggiungere Torre Vado, nel Comune di Morciano di Leuca, bagnata dalla mescolanza di Mare Adriatico e Mar Ionio.
Solitamente, l’incontro di bacini diversi origina ambienti sottomarini interessanti e unici, ricchi di vita; spesso però sono difficili da affrontare a causa delle forti correnti. Le masse d’acqua di provenienza e caratteristiche diverse (temperatura, profondità, luminosità) si miscelano originando nuove situazioni ambientali.
Non si scappa a questa regola neanche qui, mi spiegano i titolari del Diving Service di Torre Vado. I punti d’immersione sono molti, sullo Ionio e sull’Adriatico, molte le grotte sotto costa e le secche al largo. Le condizioni meteo condizionano la scelta dei siti d’immersione e ogni giorno si cambia, cercando i tratti costieri più ridossati, andando alla scoperta di ambienti sorprendentemente diversi tra loro.
La prima immersione si svolge al largo del maestoso faro di Santa Maria di Leuca, dove le correnti dei due mari si incontrano. Siamo sulla Secca del Meliso. Una vasta risalita situata in una zona piuttosto instabile, dove le condizioni di mare e di visibilità sono variabili: è quindi riservata ai subacquei con una buona esperienza.
Scendiamo lungo l’ancora che appoggia sul sommo, a circa 20 metri di profondità. Il fondale è pianeggiante, molto ricco di coralligeno e popolato da numerose donzelle. Spesso è presente un folto branco di grossi barracuda, ma per osservare le stupefacenti evoluzioni che compiono è indispensabile essere in pochi e avere giochi di correnti favorevoli.
Proseguendo in direzione sud-est si raggiunge il ciglio di una bellissima parete che sprofonda perpendicolarmente fino a 45 metri. Si pinneggia con la parete sulla destra avvolti da nuvole di anthias, cromis, boghe, mennole e saraghi; l’atmosfera è simile a quella di un mare tropicale. Numerose le cernie brune e le cernie dorate, alcune di grosse dimensioni, guardinghe ma non impaurite; con un poco di pazienza è possibile effettuare scatti pregevoli.
Oggi è una giornata particolarmente fortunata perché individuiamo un branco di saraghi fasciati composto di centinaia d’individui. La parete è una tavolozza policroma: in alcuni tratti dominano i Parazoanthus axinellae, in altri varie specie di poriferi si contendono lo spazio. L’emozione che si prova di fronte a questo spettacolo è grandissima, si sente la vita del mare pulsare. I fotografi hanno tutto ciò che possono desiderare anche se non è facile costruire immagini apprezzabili perché si lavora sempre in parete e con una corrente che può dare fastidio.
Proseguendo la nostra immersione abbiamo modo di osservare piccole aragoste, gronghi, coloratissimi nudibranchi, grosse colonie di briozoi. La parte più interessante è sicuramente quella compresa tra i 20 e i 30 metri, che ci consentirà anche un tempo di permanenza maggiore ma in ogni modo insufficiente per osservare tutte le bellezze di questa splendida secca.
La secca de Lu Paseddu
A circa un miglio dalla costa, in direzione sud-est, si trova questa vasta secca che offre svariati punti d’immersione, con caratteristiche diverse e in qualche modo peculiari. Secondo il mio parere, è una delle più belle in tutto il Mediterraneo.
L’immersione è piuttosto impegnativa. L’ancora viene calata su un lungo canalone sabbioso a 30 metri di profondità: da questo, dirigendosi a destra, inizia una cigliata che degrada piuttosto ripida formando un susseguirsi di paretine e terrazze ricoperte di poriferi, briozoi e celenterati. In alcuni tratti della cigliata sembra di trovarsi in un quadro astratto: un’esplosione di mille colori, poriferi rossi si sovrappongono ad altri azzurri e arancioni, testimoni di una lotta serrata per la conquista di uno spazio su cui accrescersi.
Esemplari di Eunicella cavolinii sovrastano le spugne, ma sono le uniche presenti, non c’è traccia di gorgonie rosse. Nelle zone in penombra grandi esemplari di rosa di mare e di falso corallo crescono fragili ma rigogliosi. Tra le incrostazioni spiccano gialli esemplari di Leptosamnia pruvoti e di altre specie di madreporari. Fa da cornice a tutto questo colore la tipica nuvola di anthias onnipresente nel coralligeno mediterraneo.
L’immersione termina su un fondale di sabbia e fango, a circa 50 metri, in cui spiccano le sagome di grossi cerianthus e le stelle pentagono.
La Parete rossa
Partendo dal medesimo punto dell’immersione precedente (ma dirigendosi verso sinistra) si esplora quella che è definita “Parete rossa”, e ci vuole poco per capire il perché: una parete perfettamente verticale che da circa 30 metri cade a 50 completamente tappezzata di gorgonie rosse. La parete è molto lunga, circa 100 metri e ospita un fittissimo bosco di paramuricee di tutte le dimensioni, rigogliose più che mai; in alcuni punti sono così fitte che si stenta a vedere il substrato su cui sono ancorate.
Sembra impossibile ma, a poche decine di metri da qui, lungo la parete della precedente immersione, non c’è traccia di una sola paramuricea e l’ambiente è totalmente diverso. Probabilmente uno strano gioco di correnti permette uno sviluppo di forme di vita così differenti tra
loro.
Le “solite” nuvole di anthias guizzano tra i rami delle gorgonie, qualche cernia bruna e qualche rara aragosta fanno capolino dalle tane. In primavera e in autunno è frequente incontrare pesci di passo, grossi tonni e branchi di ricciole regalano intense emozioni. Durante la risalita, soprattutto in estate, è facile imbattersi in un folto banco di grossi barracuda.
Il relitto del Tevfik Kaptan 1
La nave, battente bandiera turca, è affondata il 28 giugno; proveniva dal porto di Ortona (Chieti) ed era diretta in Algeria, con un carico di 1.000 tonnellate di filo di ferro in matasse.
Ora si trova in perfetto assetto di navigazione, su un fondale di circa 20 metri. Il relitto è una palestra perfetta, in tutti i suoi aspetti. La navigazione è infatti brevissima; la profondità massima di 22 metri, 12 metri il ponte, è ideale per i principianti e anche per gli esperti che, magari d’inverno, vogliono restare in “forma subacquea”; le strutture sono molto sicure, assolutamente prive di lenze, reti e pericoli del genere.
E anche il “contorno” non manca. Pesci pelagici sono spesso frequenti. Banchi di castagnole, boghe, mennole e zerri sono una costante, così come le cernie dorate, molto diffuse in queste acque, che hanno colonizzato le zone più sicure.
Il primo impatto con il relitto è piuttosto strano. La nave sembra quasi funzionante, così perfetta in assetto di navigazione e priva di tutta quella ruggine e incrostazioni che nascondono le strutture dei vecchi relitti. La visione più suggestiva è la prua vista dal fondo, frontalmente e dal basso verso l’alto: lo scafo appare in tutta la sua imponenza, con un’ancora al suo posto e l’altra filata per una ventina di metri di enorme catena.
Pinneggiando sui fianchi delle murate si notano alcuni oblò aperti, all’interno con una buona lampada si possono scorgere molti particolari. La sala di comando è sgombra e una visita all’interno è raccomandabile. Tutto è rimasto come al momento del naufragio, la macchina da scrivere del comandante, gli appunti per il carteggio, la strumentazione di bordo.
Percorrendo il ponte si notano le gru di carico, le grosse bobine di filo di ferro trasportate. Insomma, il tempo sembra esserci fermato e nulla è stato asportato.
Come arrivare
In aereo all’aeroporto di Brindisi. Il diving dispone di un servizio navetta anche per piccoli gruppi.
In auto si percorre l’autostrada A14 fino a Bari, da qui la superstrada Bari-Lecce e poi la statale 275 per Gallipoli-Santa Maria di Leuca, uscendo a Morciano-Torre Vado.
In treno, scendere alla stazione di Lecce e proseguire con il locale per Barbarano.
Un diving super organizzato
Diving Service è un Centro di formazione istruttori Pss. Si trova in Via Trieste 5, a Torre Vado, nel Comune di Morciano di Leuca. Ed è un centro immersioni Sea (Scubapro Educational Association), dotato di oltre 40 attrezzature complete Scubapro.
Nel Diving è inoltre possibile provare diversi tipi d’equipaggiamento che Scubapro mette a disposizione, come computer, gav ed erogatori. Il centro dispone d’ampi spazi adibiti al risciacquo e al ricovero delle attrezzature. Numerose sono le convenzioni con le migliori strutture ricettive della zona, linkate su https://www.divingservice.it/?page_id=119
E’ aperto tutti i giorni da giugno a fine settembre e nei week-end tutto l’anno, su prenotazione. Lo staff è composto di sei istruttori e numerosi assistenti.
Da segnalare, poi, il negozio a Morciano di Leuca, in Via XXV Aprile 22, di oltre 400 mq, specializzato in attrezzature delle migliori marche. All’interno lo Show Room Scubapro con officina autorizzata per la manutenzione e le riparazioni e un centro di ricarica Nitrox e Trimix con sistema aria sicura.
Dal 2010, presso il Centro, c’è la possibilità di partecipare a programmi internship; in altre parole vivere per un periodo all’interno del diving approfondendo le conoscenze sulla gestione di un centro immersioni e arricchendo così il proprio curriculum con diverse specialità. Il diving dispone di due imbarcazioni: la prima, Bollicina, è lunga 10 metri ed è ideale per le mezze giornata, con tanto spazio a disposizione; la seconda è un veloce gommone, di 7,40 metri, che porta i subacquei sulle bellissime pareti del capo di Leuca.
Per informazioni:
Diving Service sas Tel. 39 0833743685, +39 0833711439,
Marcello, 39 3355846092, Davide +39 3351262954 www.divingservice.it info@divingservice.it