Un regalo sotto la posidonia
Un ammasso di rizomi galleggianti provenienti chissà da dove, a metà strada tra Palmarola e il Promontorio del Circeo, ha offerto un riparo di fortuna a un giovane esemplare di cernia di fondale di Umberto Natoli
E’ stato un colpo di fortuna: quello di incontrare una cernia di fondale e poterla fotografare. Questa specie, dal nome scientifico Polyprion americanus, da adulta vive a grandi profondità, dai 100 metri in giù, fino addirittura a 1.000 metri e può raggiungere anche i 100 chili di peso. Nella fase giovanile, però, trascorre parecchio tempo sotto qualsiasi oggetto galleggiante che riesca a trovare in mare aperto.
E’ evidente che poterla osservare da vicino è un evento raro e fortuito. Un incontro che può avvenire in genere a diverse miglia dalla costa, andando a verificare se tra i detriti e i manufatti di una certa dimensione, almeno da 60/70 centimetri di grandezza in su, che rimangono a vagare in superficie, ce ne sia uno che regali la piacevole sorpresa di nascondere questo curioso pesce.
A me è successo rientrando dall’isola di Palmarola verso il promontorio del Circeo, quasi a metà strada, quindi a circa 13 miglia da terra. Era una giornata estiva di mare calmo, appena increspato da una leggera brezza. Il mio vetusto 70 cavalli a due tempi, ahimé gran bevitore di benzina e gran fumatore, che io chiamo il Grande Vecchio, ancora però affidabile come l’amico del cuore, spingeva in planata e con decisione il mio Key Largo 18, anche lui carico di segni del tempo, rughe e cicatrici lasciate sulla vetroresina da bombole, cinture di zavorra, ancore e catene. D’improvviso davanti alla prua, appena visibile sotto il pelo dell’acqua, mi appare un ammasso di rizomi di posidonia provenienti chissà da dove e probabilmente staccati dal fondale dall’ancora di una grossa imbarcazione. Riesco a evitare l’urto con la chiglia, ma siccome l’idea di poter incontrare una piccola cernia di fondale sotto un oggetto galleggiante, la perseguo da anni, anche se comunque sono sempre rimasto puntualmente deluso in decine di tentativi, rallento l’andatura e mi avvicino con cautela alla massa semigalleggiante, che poteva avere una grandezza di circa 70/80 centimetri quadrati. E finalmente la sorpresa.
Nell’acqua trasparentissima percepisco un movimento rapido sotto le radici alla deriva. Osservo meglio ed è proprio una piccola cernia di fondale. Decido al volo di provare a fotografarla in acqua, ma ho la fotocamera reflex e la custodia smontate e l’attrezzatura sub già nella sacca. Fortunatamente, a portata di mano mi rimane una piccola compatta con una custodia in policarbonato, che porto sempre con me grazie alla grande manegevolezza e alla straordinaria qualità d’immagine che oggi questi piccoli modelli riescono a offrire.
Lascio quindi i comandi al mio compagno di navigazione e mi butto in acqua con solo il costume da bagno, una maschera con boccaglio e la compatta fissata al polso con il cinghiolo. Sotto ci sono centinaia di metri di profondità e non sto certo tranquillo. In mare aperto si può incontrare di tutto. Cerco di essere il più rapido possibile, ma la vicinanza della barca e soprattutto il rumore del motore infastidiscono il pesce, che si allontana di qualche metro dal suo rifugio galleggiante.
Allora faccio allontanare la barca di una quindicina di metri e il mio piccolo amico torna a posizionarsi sotto le radici, ma è mobilissimo. Mi avvicino e riesco a osservarlo da vicino. Ha la mascella inferiore prominente e assomiglia moltissimo a una cernia, ma in realtà non è un serranide, appartiene infatti a un’altra famiglia, quella dei Polyprionidi, anche se comunemente viene chiamata cernia di fondale. Valuto che potrebbe pesare circa un chilo.
Accendo il flash interno della fotocamera per schiarire le ombre prodotte dai rizomi galleggianti. Riempio i polmoni a metà ed effettuo qualche capriola per portarmi sotto la superficie e poter scattare così una serie di foto. Senza pinne non è facile muoversi bene e rimanere immobili, comunque riesco nel mio intento, anche se parzialmente, perché l’animale non rimane fermo un secondo e le foto sono per lo più mosse.
Dopo alcuni tentativi riesco finalmente a fissare almeno tre buone immagine, ma non è stato facile e mi accontento del risultato, poi una nuova simpatica sorpresa. Il pesce decide improvvisamente di spostarsi sotto di me. Evidentemente la mia ombra gli è sembrata più allettante delle radici galleggianti. Si posiziona esattamente una decina di centimetri sotto il mio petto con il risultato che, nonostante le mie contorsioni e i miei buffi tentativi, non riesco assolutamente a riprenderlo. Ottengo solo immagini mosse e sfocate, anche perché era in continuo movimento.
Nel frattempo l’amico mi intima a gran voce di risalire a bordo. Ha assolutamente ragione. Un bagno in mare aperto è sempre una cosa da evitare. Dal blu potrebbe arrivare qualche spiacevole sorpresa. Il tutto comunque si è svolto in non più di tre minuti. A bordo osservo le tre buone immagini che questa bella esperienza di mare mi ha regalato, mentre il Grande Vecchio ha ripreso a spingere la barca verso il promontorio del Circeo.